NUR (Luce). In mostra le sfaccettature dell’Afghanistan nelle fotografie di Monika Bulaj

12 Dicembre 2011

NUR (Luce). In mostra le sfaccettature dell’Afghanistan nelle fotografie di Monika Bulaj

Le immagini realizzate da Monika Bulaj possiedono una potente valenza comunicativa. Tale aspetto consente ai contenuti indagati dall’autrice di colpire in profondità lo sguardo del fruitore non a causa di un’impostazione di tipo estetizzante, quanto piuttosto grazie all’essenza dell’atto di fabbricazione artistica che fa scaturire ogni opera. Ciò che emerge da Nur (Luce) è la limpida intenzione estetica di Monika Bulaj. In questo caso, per estetica si intende il sentimento interiore generato dall’esperienza della percezione visuale.

Osservare i suoi scatti non è solo effettuare un viaggio attraverso luoghi a noi sconosciuti o solo immaginati. L’Afghanistan, Paese teatro di questo lavoro fotografico, assume infatti sfaccettature inaspettate. La tragedia che ha dovuto vivere in questi ultimi anni è pur sempre visibile, ma ciò non rappresenta il fulcro del racconto. Le tradizioni pre-islamiche di alcuni popoli, gli eventi religiosi come la vita quotidiana, sono elementi raffigurati da Monika Bulaj con un’intensità che deriva non da un processo di spettacolarizzazione ma da una vicinanza sincera verso il soggetto, che sia essere umano o paesaggio.

In sostanza, l’avventura personale della fotografa in Afghanistan è stata caratterizzata dalla volontà di rappresentare in modo democratico un mondo che viene costantemente proposto dai media internazionali attraverso raffigurazioni involontariamente colonialiste. Monika Bulaj ha lavorato nell’ambito di meccanismi estranei al concetto di rapacità espressiva e ha condiviso l’esperienza dell’esistenza quotidiana di persone molto distanti da lei grazie alla purezza di uno sguardo soggettivo riconducibile alla consapevolezza della sua posizione nel mondo e alla particolarità del suo punto di vista indipendente. Chi scatta in determinati contesti, se non vuole partecipare al businnes della riproduzione visiva della presunta realtà che inonda televisione e giornali, non può che essere lontano dal pregiudizio generato dagli organi di informazione.

In occasione di Nur è dunque venuto fuori un affresco dall’impianto non convenzionale di un universo che generalmente vive nelle menti occidentali all’interno di un labirinto di fraintendimenti guidati (da altri). La natura pittorica delle opere, in alcune prove di derivazione caravaggesca, lungi dall’essere un vacuo esercizio stilistico, non distoglie l’attenzione da un altro aspetto relativo alla sfera creativa di Monika Bulaj, la quale mostra la sua adesione al principio “alto” della corrispondenza tra opera d’arte e sincerità intellettuale dell’autore. Tale questione appare come la caratteristica che permette al suo lavoro di posizionarsi nel territorio delicato del rapporto tra espressione, linguaggio, stile e sostanza sociale dei temi trattati.

Nur, dunque, è un progetto confortato dalla purezza delle motivazioni che hanno spinto la sua autrice a realizzarlo. A ciò si aggiunge la forza rara (dagli esiti visivi impressionanti) dello stile utilizzato, soprattutto per quel che riguarda l’uso della luce e di taluni cromatismi, mai banali.

In definitiva, Monika Bulaj si mostra come una fotografa/intellettuale/narratrice in grado di collocare l’importanza degli argomenti affrontati in un’architettura comunicativa di indubbia chiarezza, aspetto che consente al fruitore di cogliere senza stereotipi le esistenze di popolazioni che altrimenti rimarrebbero ingabbiate nel disastro della divulgazione di consumo. In Nur, il “tocco fotografico” della Bulaj allude più al gesto dinamico e caldo della pennellata che all’atto meccanico e algido della pressione del dito sul pulsante della macchina fotografica. È proprio quest’ultimo aspetto che testimonia, in maniera certa, la sua contiguità umana ai soggetti che si sono imbattuti nel suo sistema ricettivo non tecnologico, ovvero nel suo sguardo.

Testo critico di Maurizio G. De Bonis
(con la collaborazione di Valentina Trisolino)

© Punto di Svista 12/2011

 

IMMAGINE
© Monika Bulaj. Da Nur (Luce)

SUL WEB
Il sito di Monika Bulaj
Officine Fotografiche, Roma

INFORMAZIONI
NUR (Luce). Fotografie di Monika Bulaj
A cura di Maurizio G. De Bonis e Valentina Trisolino per Punto di Svista
Inaugurazione, venerdì 16 dicembre 2011 ore 18.00 / A seguire l’incontro con l’autrice
La mostra prosegue dal 17 dicembre 2011 al 15 gennaio 2012
Officine Fotografiche / Via G. Libetta 1, Roma / Telefono: 06.5125019 / info@officinefotografiche.org
Orario: lunedì – venerdì 10.00 – 13.00 e 15.00 – 19.30

 

One Comment
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    Michele Smargiassi

    Monika è una straordinaria esploratrice di confini: quelli veri, quelli che restano nel mondo che si pretende globalizzato e che invece ha spostato le sue frontiere dai bordi al cuore. Monika non viene dalla fotografia, viene dalla parola: filologia, teatro, scrittura, e le sue fotografie lo mostrano. Solo lei forse, una donna, una donna di parola e di parole, poteva attraversare un paese pittoresco (sì, costretto ad essere pittoresco come pittoresca è diventata la guerra) ascoltandone le lingue diverse e represse, studiandone i gesti diversi e repressi, alla fine tornando senza immagini di guerra guerreggiata, ma con una mappa emotiva di luoghi percorsi, appunto, da confini insormontabili e invisibili, massacrato dalle vere e più feroci guerre di oggi, quelle che i popoli combattono contro se stessi, uomini contro donne, adulti contro bambini, credenti contro infedeli, credenti contro credenti... Non mi disturbano i Caravaggio, i Vermeer che spuntano qua e là: sono l'antidoto pittorico al pittoresco, al finto realismo della fotografia da Wpp. E' il suo paradossale sberleffo allo "stile", e un avvertimento a chi, nelle sue foto, vede solo pennellate di luce. Questo lavoro di Monika, come quello straordinario sull'Est europeo, è forse il racconto più "politico" sulla contemporaneità che mi sia capitato di vedere da molto tempo.

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