La fotografia in Italia: A che punto siamo? FORMA, Milano. Un’occasione mancata

20 Marzo 2011

La fotografia in Italia: A che punto siamo? FORMA, Milano. Un’occasione mancata

Punto di Svista ha aderito all’invito a partecipare al convegno di Milano, organizzato dalla Fondazione FORMA, La Fotografia in Italia: a che punto siamo? con lo spirito di un’organizzazione indipendente che agisce proponendo inziative e approfondimenti caratterizzati dai concetti di libertà di pensiero, innovazione espressiva e qualità della proposta culturale. Nel caso specifico Orith Youdovich, il direttore responsabile della nostra testata giornalistica, è stata chiamata a partecipare alla tavola rotonda denominata Comunicare la fotografia.
Siamo stati presenti a Milano due giorni e abbiamo potuto ascoltare il resto degli incontri a cui non abbiamo assistito tramite i podcast inseriti nel sito di FORMA.
Questo articolo sarà, dunque, il resoconto di un’esperienza; sarà lo specchio giornalistico di una manifestazione vista da un’angolazione alternativa come può essere quella “altra” di Punto di Svista.

La prima considerazione che vogliamo fare è la seguente: solo chi non fa nulla non sbaglia. Diciamo ciò perché va dato atto a FORMA di aver portato avanti una sfida difficile, cioè quella di riunire per tre giorni le componenti di un ambiente che spesso non riescono a comunicare tra loro, o non lo fanno in modo proficuo. A Milano è stato tentato, forse, l’impossibile: cioé trovare un terreno comune di discussione e, soprattutto, identificare i reali motivi per mettere in piedi un confronto. Ogni critica che verrà mossa è, dunque, frutto della consapevolezza, da parte nostra, che orchestrare un simile appuntamento sia operazione ardua e che il primo esperimento di un’iniziativa pubblica sia quello più utile per consentire l’aggiustamento del tiro in vista delle successive edizioni. FORMA, in sostanza, si è assunta una responsabilità non indifferente e ciò non può essere taciuto e/o negato.
Detto ciò, anche noi, come Punto di Svista dobbiamo assumerci la responsabilità delle nostre idee e delle nostre posizioni, nella certezza che critiche mosse con spirito non banalmente negativo possano essere importanti per i possibili altri appuntamenti che ci saranno in futuro.

La prima sensazione che abbiamo avuto è che, almeno per quel che riguarda i primi due giorni, ci sia stata un’impostazione tendenzialmente nordcentrica. Non intendiamo con ciò affermare che si sia proceduto a un’edificazione dell’evento attraverso una visione rigidamente geografica della fotografia (anzi sicuramente non è così), quanto piuttosto che si sia preso in considerazione un determinato ambiente della fotografia, legato soprattutto a un’idea fotogiornalistica (e di ciò parleremo dopo) che, per motivi economici, trova il suo baricentro in una zona che ruota intorno al mondo milanese. Va detto, a onor del vero, che ci sono state delle defezioni romane (almeno due), ma ciò non può esimerci dall’evidenziare questo squilibrio che non risponde alla realtà dei fatti rispetto alla fotografia italiana.

E andiamo alla tavola rotonda Comunicare la Fotografia. Come Punto di Svista dobbiamo manifestare la nostra cocente delusione. Non tanto per la qualità intellettuale degli interventi (ognuno può avere la sua idea in merito), quanto piuttosto per il totale appiattimento del dibattito su aspetti connessi esclusivamente al fotogiornalismo, se non addirittura al giornalismo puro e semplice. Eppure, il titolo della tavola rotonda era Comunicare la Fotografia non Comunicare il Fotogiornalismo. L’intervento del direttore di Punto di Svista – Arti Visive in Italia, Orith Youdovich, in tal senso era totalmente (e fortunatamente) fuori dal “coro stonato” che occupava la scena e l’unico perfettamente aderente al tema oggetto della discussione. Per il resto, si è assistito a un susseguirsi di interventi in cui si è parlato per l’ennesima volta dell’uso della fotografia sui giornali di casa nostra, argomento di per sé degno di nota (e anche Punto di Svista se ne è occupato e se ne occuperà con convinzione) ma suo malgrado debordante.

La prima tavola rotonda della manifestazione milanese, Comunicare la fotografia, è stata un’occasione gettata al vento e ha fatto emergere la sindrome tutta italiana per la quale il termine fotografia è sinonimo di fotogiornalismo. Proseguendo di questo passo sarà molto difficile, se non impossibile, sviluppare un dialogo culturale sulla fotografia intesa come disciplina complessa, caratterizzata anche da risvolti di tipo artistico, filosofico, semiologico, sociologico e culturale (in senso ampio). Mentre ascoltavamo il dibattito in questione avevamo una netta impressione che traduciamo in questa semplice affermazione: la  fotografia in Italia è ancora totalmente subalterna al giornalismo (e non solo). Ed ancora: la fotografia non riesce a liberarsi dal ruolo esclusivo che gli è stato assegnato in Italia: quello di strumento legato all’informazione e alla divulgazione di notizie.
Tale sensazione si è accresciuta in maniera esponenziale durante la tavola rotonda Editoria e Fotografia, appuntamento in cui di fatto non si è discusso di fotografia ma si è passati dall’uso delle immagini sui giornali a problematiche strettamente e unicamente giornalistiche che nulla avevano a che fare con la parola fotografia.

Pensiamo, in definitiva, che i motivi per cui erano stati invitati a Milano esperti e addetti ai lavori siano stati spesso aggirati. Non in maniera consapevole e razionale (quindi non in mala fede), quanto piuttosto (e forse è anche peggio) in maniera automatica. Come se la fotografia italiana fosse vittima, sempre e comunque, del virus della mancanza di chiarezza e fosse caratterizata da una visione ristretta che spinge ogni confronto solo verso gli stessi argomenti. E l’abbondanza di photo editor, di art director e giornalisti ha finito per dare il colpo di grazia.

Anche per quel che riguarda le tavole rotonde legate a temi non prettamente fotogiornalistici (Formazione e Fotografia, Istituzioni e Fotografia, Festival ed Eventi) abbiamo avuto la sensazione di assistere a dibattiti che non coglievano a pieno gli impulsi significativi che emergevano dai loro titoli. Probabilmente, se un aspetto dovrà essere migliorato in futuro forse dovrà essere quello della moderazione delle tavole rotonde, che in alcuni casi era limitata al puro smistamento degli interventi piuttosto che a una guida attenta relativa alla direzione del dibattito.

In conclusione, Punto di Svista continuerà a fornire il suo contributo ogni qual volta verrà chiamata in causa con la coscienza di chi comprende le oggettive difficoltà di attraversare territori impervi ma anche di chi sa che per far migliorare le cose bisogna continuare a lavorare in modo costante, senza settarismi e prese di posizione definitive ma con il desiderio di dibattere criticamente e lucidamente nel doveroso rispetto del lavoro altrui.

© Punto di Svista 03/2011


EVENTO

La fotografia in italia: a che punto siamo?
18 – 20 marzo 2011
FORMA, Milano

LINK
Fondazione FORMA per la fotografia, Milano

 

6 Comments
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    giovanna

    Ho partecipato all'evento di Forma seguendo le tavole rotonde del primo e del secondo giorno. Per quanto ho potuto ascoltare non ho timore di affermare che si è trattato di un "convegno inutile". Il mio intento non è quello di polemizzare e nemmeno quello di gettare discredito su una istituzione che ha tentato di approcciare un tema che è evidentemente troppo difficile da approfondire senza cadere nella annosa trappola del reportage. Mi permetto però di dissentire quando si dice che l'Istituzione Forma è meritevole per "l'averci provato", eh no! Forma esiste ormai da diversi anni, la sua attività non è mai uscita dal più classico "seminato": mostre di nomi noti, presentazioni di libri, classici corsi di fotografia, eccetera. Il primo Convegno sulla fotografia non poteva che rivelarsi ciò che è stato, dal momento che l'espressione culturale di questa struttura, pur potendo contare su una notevole potenzialità, per una qualche strana alchimia finisce sempre con l'appiattirsi su canoni interpretativi poco significativi o comunque scarsamente innovativi. Eppure non hanno le mani legate, non sono imbavagliati: sono indipendenti essendosi costituiti di recente in Fondazione e, a detta del loro presidente, non ricevono finanziamenti pubblici. Quale migliore condizione per dire la propria opinione senza dovere niente a nessuno? Evidentemente però, non hanno molto da dire. Mi trova d'accordo De Bonis quando afferma che il Convegno si sarebbe potuto intitolare: "Comunicare il fotogiornalismo" e nessuno si sarebbe accorto della differenza. Parlare di fotografia è un'altra cosa. Per uno spazio che si definisce orgogliosamente "casa della fotografia", ciò che è scaturito da questa manifestazione è assolutamente povero. Tanto fallimento non si può giustificare, a mio avviso, con la semplice considerazione che si è trattato della prima esperienza: ho visto partecipare, sia tra i relatori che tra il pubblico, numerosi professionisti del settore, tutte persone che di fotografia dovrebbero saperne, inoltre non mancavano certo i contenitori culturali per esprimere il "contenuto" che avrebbe dovuto esserci. Può essere certamente complesso organizzare un evento di questa portata ma non certo per la "casa della fotografia" italiana! Non essere in grado di preparare al meglio un momento di confronto sullo stato dell'arte, facendo correre il treno della fotografia sull'unico binario del fotogiornalismo, si può ahimè definire con un'unica parola: fallimento. Molto disonorevole per una struttura che vuole porsi a livelli nazionali importanti. La discussione è stata a senso unico; i moderatori inesistenti; i relatori saccenti o troppo chiusi nel loro guscio individualista e corazzato. L'unico intervento che ha tentato di riportare l'attenzione sul vero tema del Convegno è stato proprio quello del direttore di Punto di Svista che, pur tracciando il disegno della propria esperienza, ha offerto spunti interessanti sui quali riallacciare un confronto morto in partenza, autocelebrativo di una categoria, quella dell'informazione, e del "conseguente" uso che si fa delle immagini in questo ambito. Alcuni dei relatori che ho potuto ascoltare non avevano nemmeno una traccia di relazione e, a mio avviso, non si rendevano conto di ciò di cui stavano parlando! Veramente sconfortante. Ad ogni modo, chi voleva sentir parlare di "fotografia", io per esempio, è rimasto profondamente deluso, e fuori in terrazza erano diversi i commenti scontenti. Era invece palpabile una forte necessità di approfondire lo stato della fotografia nel nostro Paese, necessità completamente disattesa. Una vera e propria occasione sprecata. Ciò che mi è rimasto è una sgradevole sensazione di arroganza e una pressoché totale mancanza di confronto reale. Ma allora a cosa abbiamo assistito?

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    Orith Youdovich

    Gemma, capisco che dove si trova spazio aperto, lì si esprimono le proprie opinioni. D’altronde, abbiamo aperto la nostra rivista ai commenti proprio per questo motivo. Rispetto altrettanto tutti coloro che hanno manifestato perplessità a voce ma non se la sentono di esprimerla in questo spazio. Le loro riflessioni avrebbero forse dato, chi lo sa, qualche suggerimento per migliorare un convegno di questa portata, che ripeto, so benissimo quanto sia difficile da organizzare.

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    Gemma

    Grazie delle risposte, mi spiace abbiate visto un commento negativo al vostro contributo. Tutt'altro. Tornando a noi: Anzi ora devo ricredermi perchè mi avete chiarito degli aspetti che mi erano sfuggiti. E che forse riguardano proprio la gestione dell'evento: a chi era rivolto? quale doveva essere l'obiettivo? Sono d'accordo con voi! Anch'io ho subito notato con delusione, che non è stato dato spazio alle nostre domande (c'erano molti addetti stampa questo è vero... ma anche gente come me, che si interessa non per professione e che si aspetta di ricevere qualcosa da questi eventi: se non lì dove..?). grazie PS Rispetto all'indirizzo a cui ho inviato le mie osservazioni, vi confermo che non avevo nessuna preferenza e queste domande le avrei rivolte a tutti lì, da Forma. ho inviato un commento simile anche al signor Colin. Perchè ho trovato vaga e un po' "Piove governo ladro" la teoria dei campi di forza. chi sceglie le fotografie da pubblicare, per esempio, sul corriere della Sera? se lui e la giornalista del Sole, che ufficialmente si occupa di fotografia, quindi persone che hanno anche una responsabilità (la vera responsabilità non ce l'hanno mica i micro photoeditor ) non possono occuparsi di "Fotografia" se non a fronte di un input esterno... quindi di uno sponsor economico... beh, allora chi lo può fare? da chi ci possiamo aspettare un cambiamento o,... come dite voi, un altro punto di vista? Devo dire che Colin mi ha subito ringraziato da grande amico (sarà la moda di facebook), ma ha rimandato la risposta. a presto

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    Orith Youdovich

    Gemma, la ringrazio per il suo commento e visto che sono chiamata in causa, le rispondo. Probabilmente, lei non conosce i meccanismi che stanno dietro a un’organizzazione di un convegno o di una tavola rotonda. Ad ogni modo, il mio intervento era concentrato sulle problematiche relative al tema “comunicare la fotografia? sul web e parlare della mia esperienza decennale in questo campo era più che naturale. Ho sollevato nel mio discorso alcuni argomenti che se fossero stati ascoltati con attenzione, avrebbero potuto innescare un dibattito a mio avviso molto più interessante. Tra l’altro, il mio intervento calzava perfettamente con i punti sollevati in apertura dal moderatore, uno tra i tanti e di estrema interesse, quello relativo alla critica, o meglio, all’assenza della critica fotografica. Se lei potesse indicarmi il relatore che ha toccato in minima parte questo argomento, le sarei molto grata. Il mio intendeva essere uno stimolo per discutere della necessità di trattare la fotografia come parte delle arti visive, delle difficoltà di “comunicarla? prima di tutto ad aspiranti fotografi e poi a fruitori, ai limiti della comunicazione sul web e quindi alla necessità di lavorare sul campo, etc. Il mio compito era di mettere sul tavolo alcune problematiche che avrebbero potuto allargare la discussione, non di dirigerla. Le sue perplessità dovrebbero essere rivolte altrove. E in ogni caso non è detto che parlare a braccio significhi automaticamente dire delle cose significative e dialoganti. E se l’articolo di Maurizio qui pubblicato è polemico, come lei lo definisce, allora davvero, non ci rimane che tacere. Eppure lei ci chiede di parlare liberamente… Punto di Svista ha partecipato al Convegno con impegno. Ed è proprio per questo, perché coinvolti in prima persona, che sentiamo di voler esprimere la nostra opinione che speriamo serva in minima parte a qualche miglioramento.

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    Maurizio G. De Bonis

    Salve Gemma, Per prima cosa le devo dire che l’intervento del direttore di Punto di Svista è stato perfettamente aderente al tema della Tavola Rotonda "Comunicare la Fotografia". Come ho già scritto nell’articolo, gli altri relatori hanno invece (a parte forse uno solo), con tutta evidenza, aggirato l'argomento in questione parlando di altre problematiche (e basta ascoltare il podcast inserito nel sito di FORMA per rendersene conto). L'apporto di Punto di Svista non è stato per nulla autoreferenziale. Tutt'altro. Orith Youdovich, con serietà e precisione, ha illustrato la nostra esperienza proprio per metterla sul tavolo della discussione e per sottoporla democraticamente al confronto con gli altri. La cosa non si è verificata perché la Tavola Rotonda, non per volontà di Punto di Svista, è andata in altra direzione, una direzione che certamente riguarda argomenti importanti ma che non erano inerenti al tema (in teoria) oggetto della discussione. Il fatto poi che ci siano stati degli interventi già scritti è del tutto ininfluente sul piano della comunicazione che si sarebbe dovuta sviluppare nel secondo giro di interventi e nell'ambito della parte dedicata agli interventi del pubblico presente a cui, per motivi che non comprendiamo, non è stata data la parola. Come ho già scritto “Comunicare la Fotografia? è stata un'occasione mancata ma non da parte della nostra testata. Punto di Svista, grazie a Orith Youdovich e assolutamente in maniera solitaria, ha tentato di portare il dibattito sul giusto piano. Penso, dunque, che la sua critica non sia stata spedita al giusto indirizzo.

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    Gemma

    Ho ascoltato con interesse i vari interventi. Ci sarebbe molto da dire e che aggiungerebbe poco alle polemiche finali, che vedo anche qui scritte da voi. Pur apprezzando l'intervento della signora Orith ho visto in lei, come negli altri invitati, la tendenza ad autoreferenziarsi più che a dare ascolto. Non è stato quindi un dibattito, un vero confronto, quale avrebbe dovuto essere (spero) negli intenti di chi ha organizzato l'evento,.... Come si può parlare di "comunicare la fotografia" quando tra addetti ai lavori non c'è almeno la buona volontà di comunicare? Ogni cosa va calata nel contesto e discussa, senza partire a priori con le contrapposizioni "la fotografia artistica" e il "fotogiornalismo". L'europa e l'Italia. Il tema doveva essere "comunicare la fotografia", una volta evidente che la fotografia si manifesta in stili molto diversi tra loro, più o meno popolari e più o meno riconosciuti dagli addetti ai lavori (si poteva in effetti anche di capire se ha senso parlare di addetti ai lavori. I fotografi? I giornali? I critici d'arte? ..quest'anno la biennale la "scelgono" gli scrittori!). E' naturale che di fronte alla generalità dell'argomento "stato dell'arte" si sia toccato in primis l'uso più invadente che si fa della fotografia, come mezzo d'informazione.,... Ma perchè non usare l'occasione per parlare in termini proattivi e non polemici della fotografia ? a che pro sedersi tutti intorno ad un tavolo se poi si partecipa con la lettura, pari pari, di un intervento scritto il giorno prima? Avremmo potuto tutti leggerci un opuscoletto di interventi, tutti gentilmente raccolti da Forma e fine. Scusate la durezza, ma mi piacerebbe avere una risposta: non credete che si siano toccati argomenti importanti, interessanti, che potevano essere sviluppati e condotti sul vostro terreno, della fotografia artistica? Perchè la polemica e attenti a non parlare direttamente? Sono un indipendente , parlate liberamente ! mi interesso per pura passione. grazie mille

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