© Pietro D’Agostino / AMZ

Io è un’altra. AMZ – Pietro D’Agostino / Maria Zambrano

30 Settembre 2021

Io è un’altra. AMZ – Pietro D’Agostino / Maria Zambrano

Per essere viva la filosofia deve andare verso le cose stesse, senza delimitare territori tra spirito e corpo, senza creare due realtà distanti tra di loro: fare esperienza dell’organismo esistenziale in cui l’umano dimora. Per poter giungere a una filosofia vivente, del vivente. Filosofia e Poesia per Maria Zambrano non potranno essere mai due corpi antistanti, separati, ma una sola diversità.

“Il chiaro del bosco è un centro nel quale non sempre è possibile entrare; lo si osserva dal limite e la comparsa di alcune impronte di animali non aiuta a compiere tale passo. È un altro regno che un’anima abita e custodisce. Qualche uccello richiama l’attenzione, invitando ad avanzare fin dove indica la sua voce. E le si dà ascolto. Poi non si incontra nulla, nulla che non sia un luogo intatto che sembra essersi aperto solo in quell’istante e che mai più si darà così. Non bisogna cercarlo. Non bisogna cercare. È la lezione immediata dei chiari del bosco: non bisogna andare a cercarli, e nemmeno a cercare nulla da loro. Nulla di determinato, di prefigurato, di risaputo. E l’analogia del chiaro con il tempio può sviare l’attenzione […] E resta il nulla e il vuoto che il chiaro del bosco dà in risposta a quello che si cerca. Mentre se non si cerca nulla l’offerta sarà imprevedibile, illimitata”

(Maria Zambrano da Chiari del bosco – Bruno Mondadori 2004)

Chiari del bosco è per me un affondare e riemergere da un ricordo, da un sogno. Non so da quale suggestione nascesse. Da bambino sognavo spesso (ed è l’unico sogno che ricordo di quel periodo) di entrare in un bosco e di mettermi a cercare una radura, uno spazio aperto in cui avrei trovato una piccola sorgente nell’erba. Avevo sempre la sensazione di essere lì, arrivato a scoprire quel luogo. Invece, non lo trovavo mai. Queste parole della filosofa spagnola, più che darmi una possibile chiave di interpretazione, provocano in me una sensazione profonda. Riaffiora, evocata da qualcosa, la medesima vibrazione interna che provavo allora al mio risveglio.

AMZ non è solo un’offerta ai suoni interiori delle parole di Maria Zambrano, ma anche una presa di coscienza sul dispositivo fotografico che ha qualità di dono: la passività di rivelare innanzitutto per sé. Questa qualità ha valore di diversità, o meglio, di relazione tra diversità.

“Tutto è rivelazione, tutto lo sarebbe se fosse accolto allo stato nascente.”

(tratto da Chiari del bosco)